La legalità, intesa come conformità alla legge e a quanto da essa prescritto, costituisce un valore fondante di tutti gli ordinamenti contemporanei. Il rispetto delle regole e delle autoregole aiuta, infatti, a crescere in modo armonico e costituisce lo strumento necessario per divenire cittadini consapevoli, rispettosi delle regole del vivere civile.
Ogni cittadino deve porsi in una situazione di conformità alle leggi della comunità in cui vive. Tale obiettivo si raggiunge attraverso due modalità distinte, complementari fra di loro:
- la conoscenza dei limiti prescritti o consentiti dall’ordinamento giuridico;
- la creazione di un proprio decalogo personale (autoregole) di comportamento conforme ai diritti e doveri che l’ordinamento riconosce.
La conoscenza dei limiti imposti dall’ordinamento si raggiunge attraverso l’educazione alla legalità e quindi alla conoscenza delle regole minime (scritte o non scritte) che la comunità impone.
La creazione di autoregole è la conseguenza della conoscenza e dell’accettazione delle regole e pone l’individuo nella condizione di essere un cittadino consapevole .
Per conoscere la norma e adeguarsi alla stessa, bisogna innanzitutto comprendere in che cosa essa si sostanzia. Vi sono infatti due diverse accezioni di tale concetto, la norma in generale connaturata nella coscienza stessa dell’uomo, volta a orientare le relazioni e il comportamento e la norma giuridica consistente nell’insieme delle regole di condotta che vigono nell’ordinamento giuridico e che traggono da questo la loro forza imperativa. A tali norme consegue, in caso di violazione, una sanzione, ovvero una pena che funge da deterrente e che obbliga i destinatari della norma a rispettarla e quindi a creare un decalogo personale aggiuntivo a quello connaturato nell’individuo.
La norma giuridica è contenuta nella legge, termine eminentemente tecnico con il quale si indica un atto scritto approvato dal Parlamento (organo costituzionale di derivazione elettiva) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato, momento a partire dal quale la legge si intende conosciuta da tutti senza possibilità da parte dei cittadini di poter dimostrare il contrario.
La legge fondamentale dello Stato italiano è la Costituzione della Repubblica. Essa occupa il vertice della gerarchia delle fonti nell’ordinamento giuridico della Repubblica, nel senso che ha forza superiore rispetto a tutte le altre leggi ordinarie approvate dal Parlamento e non può essere modificata se non con una procedura particolare, molto complessa, indicata nella stessa Carta Costituzionale. Sul rispetto delle sue norme vigila la Corte Costituzionale, massimo vertice dell’ordinamento giudiziario, chiamata a vagliare la legittimità delle leggi ordinarie ai principi costituzionali.,
La nostra Carta Costituzionale, approvata il 1 gennaio 1948 nell’immediato dopoguerra dall’Assemblea Costituente eletta il 2 giugno 1946, oltre a dettare le caratteristiche costituzionali dello Stato italiano (che è una Repubblica democratica fondata sul lavoro la cui sovranità spetta al popolo che la esercita nei limiti imposti dalla stessa Costituzione) detta le principali regole di comportamento cui i cittadini italiani devono uniformarsi.
Tali principi fondamentali sono delineati agli art. 2 e 3 e si sostanziano:
- nel rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità;
- nell’adempimento dei doveri di solidarietà sociale, economica e politica;
- nel rispetto della pari dignità e uguaglianza di tutti cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali
- nell’obbligo da parte della Repubblica (e quindi di chi gestisce la cosa pubblica) di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
L’adempimento di quest’ultimo precetto, rivolto ai Governanti del nostro Paese viene controllato dal popolo attraverso libere elezioni.
A distanza di oltre settanta anni dalla sua approvazione la nostra Carta Costituzionale espone principi ancora attualissimi e di grande respiro sociale. Essi devono essere declinati con i principi esposti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea proclamata solennemente a Nizza nell’anno 2000. L’Italia è infatti uno dei Paesi fondatori dell’Unione Europea, costituita da un gruppo di 27 Paesi europei, riuniti per rendere la vita delle persone migliore, più semplice e più sicura. La Carta riafferma principalmente i diritti già esistenti negli Stati membri e quindi anche dell’Italia (diritto alla dignità umana, alla vita, all’integrità fisica, alla libertà e al rispetto della vita privata, principio di uguaglianza ) e nel contempo declina con maggiore precisione il principio di non discriminazione vietandola nei confronti della disabilità, dell’età e dell’orientamento sessuale includendo nei contempo dei NUOVI DIRITTI, quali il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani. Il valore principale della Carta, tuttavia, non risiede nel suo carattere innovativo ma nell’esplicito riconoscimento del ruolo cruciale che i diritti fondamentali svolgono nell’ordinamento giuridico.