Il diritto alla riservatezza o alla privacy è entrato a far parte del nostro patrimonio giuridico in tempi relativamente recenti nonostante esso sia stato elaborato da due giuristi americani Warren e Brandeis, alla fine del 1800. Con tale termine si intende il diritto al rispetto della propria vita privata e familiare e quindi il diritto a vietarne l’intrusione di altri senza l’autorizzazione dell’interessato.
La valenza propriamente giuridica del diritto è piuttosto discussa. Secondo alcuni autori esso si sostanzia in un diritto fondamentale attinente la personalità umana ed è pertanto previsto e tutelato dalla nostra Carta costituzionale come diritto inviolabile all’art. 2. Molti ritengono, invece, che, pur trattandosi di un diritto assoluto della personalità abbia una natura affievolita e vada, pertanto, controbilanciato con altri interessi previsti dall’ordinamento; ne è, perciò, possibile una compressione a determinate condizioni (ad esempio, si ritiene che la riservatezza dei personaggi pubblici, quali attori o politici, possa essere meno tutelata rispetto a quella di un privato in ragione della notorietà purchè siano rispettati certi limiti, quali il rispetto della dignità e dell’onorabilità della persona).
L’evoluzione delle tecnologie e l’avvento dei nuovi mezzi di comunicazione di massa hanno seriamente messo a repentaglio il diritto a poter vivere liberamente la propria vita privata. Infatti, mentre parecchi anni addietro tale situazione riguardava solo le celebrità o quei soggetti di particolare rilievo sociale, oggi interessa tutta la società senza distinzione alcuna. Molto facilmente può capitare di essere sbattuti in prima pagina sui social o su internet e vedersi pertanto violata la propria sfera privata senza poter intervenire efficacemente. E’ per questo che il nostro Paese si è dato una nuova normativa sulla privacy con il D.Lgs 101/2018 che ha regolamentato quasi ex novo la disciplina afferente la tutela dei dati personali. Con tale termine si fa riferimento a qualunque informazione che consenta in via diretta o indiretta di individuare il soggetto cui quel dato afferisce. La nuova legge prevede diverse forme di dato personale e distingue tra dati comuni, ovvero dati riguardanti la semplice identità della persona; dati sensibili, che attengono a specifici aspetti della personalità (quali, ad esempio, l’orientamento sessuale o religioso) e dati giudiziari, che riguardano tutte le informazioni di carattere giurisdizionali.
Caratteristica comune a tutte le forme di dato personale è quella in base alla quale nessuno soggetto, diverso dal suo titolare, può disporne. Per farlo è necessario esserne autorizzati. In alcuni casi, i dati personali possono essere liberamente oggetto di trattamento anche senza il consenso dell’interessato. Ciò accade quando il trattamento dei dati è effettuato da una fondazione, associazione o altro organismo senza scopo di lucro che persegua finalità politiche, filosofiche, religiose o sindacali oppure quando la diffusione dei dati sia già patrimonio pubblico oppure ancora quando è necessario da parte del soggetto proprietario dei dati l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un obbligo (ad esempio per essere assunti da un’impresa, o pagare le tasse o sottoporsi ad un trattamento sanitario).
La persona che ha subito un’ingiusta intromissione nella propria sfera privata può rivolgersi al giudice per far cessare tale condotta e farsi risarcire i danni che sono da essa conseguenti. I danni possono essere anche solo morali. Si pensi al caso del grave patema d’animo di quel soggetto che veda illecitamente pubblicate le informazioni sul suo orientamento sessuale, specie con riguardo al contesto sociale e culturale in cui vive.
Esiste tuttavia la possibilità di rivolgersi al Garante alla privacy, Autorità amministrativa indipendente che è stata espressamente prevista dal legislatore attraverso il D.Lgs 196/2003, preposta all’attività di controllo e repressione delle condotte che violano il generale diritto alla riservatezza. Il Garante è provvisto di determinati poteri di natura inibitoria e sanzionatoria attraverso il quale il legittimo titolare può far ricorso una volta riscontrata la violazione dei dati. Tra i vari poteri spiccano il diritto alla rettifica dei dati su istanza del titolare e il potere di oscuramento del sito sul quale vengono diffuse tali informazioni, nel caso in cui la diffusione delle informazioni sia avvenuta su Internet.
L’illegittima diffusione di dati personali altrui, vietata, come si è visto, senza il consenso dell’interessato, assume connotati più rigidi nel caso sia pubblicata l’immagine di un minore perché in questo caso è necessaria l’autorizzazione dei genitori. Se ne è previsto lo sfruttamento a scopi pubblicitari è addirittura necessario il consenso scritto. Ai minori è comunque consentito l’accesso al web soltanto al compimento del sedicesimo anno di età ed anche in questo caso è necessario il consenso del genitore (Facebook e Watsapp).
La privacy dei minori è caratterizzata da particolare protezione. Le informazioni a loro relative possono essere pubblicate sugli organi di stampa soltanto nel rispetto del principio di preminenza dell’interesse del minore. Particolare rilievo ha il divieto di pubblicazione di fotografie online perché tale attività si inquadra pacificamente nel trattamento di dati personali e sensibili, e costituisce interferenza nella vita privata del minore. In tal senso occorre fare particolare attenzione nel pubblicare immagini di minori, anche se si tratta dei propri figli, dovendosi acquisire in merito, il consenso di entrambi gli esercenti la potestà e, nel caso del minore adulto, anche il suo consenso. Va infine ricordato come la tutela dei dati personali passa anche attraverso la repressione penale e amministrativa che si sostanzia nell’applicazione di sanzioni da parte del Garante alla privacy o del giudice penale ( in quest’ultimo caso, è prevista anche la pena detentiva). Tali reati – diversificati fra di loro a seconda del tipo di dati che vengono illecitamente trattati e a seconda del tipo di trattamento illecito che in concreto sia stato fatto – sono di carattere sussidiario, nel senso che vengono elevati a carico del soggetto che ha commesso l’illecito nella misura in cui non sia configurabile un reato più grave (ad esempio diffusione a mezzo internet di foto pedopornografiche).