Cos’è l’Emotion Recognition? È una tecnologia di intelligenza artificiale che parte dal facial recognition per spingersi oltre l’aspetto che ci caratterizza. Attraverso il Machine Learning vengono analizzati espressioni facciali, movimenti del corpo, tono vocale e altri dati biometrici così da ricavare lo stato interno del soggetto. L’IA non è più finalizzata a riconoscere un’identità, ma che cosa quell’identità prova.
Il problema è che gli studi scientifici negano ci sia un universale umano nella modalità in cui le emozioni vengono espresse. Sembra piuttosto che la cultura e le idiosincrasie individuali giochino un ruolo molto più forte.
Le criticità emergono anche riguardo alle discriminazioni in cui le reti neurali potrebbero incorrere, ai danni dei soggetti di colore, delle donne, per cui è assodato che il facial recognition non sia accurato. Anche per i disabili o gli individui affetti da disturbi che impediscono un’espressione facciale allineata ai sentimenti si aprono dibattiti sull’effettiva applicabilità dell’emotion recognition. Se ho un tic? Se soffro di disturbo dell’attenzione e seguo un corso online dotato di tale tecnologia devo prima fornire la documentazione del mio disturbo? Se non ho la diagnosi? Si genererebbero troppi falsi positivi e falsi negativi perché questa tecnologia possa essere supportata.
Energia positiva e collettivismo cinese
Xi Jinping, nella sua campagna propagandistica, parla di “energia positiva”, intendendo il fine che gli algoritmi di riconoscimento emotivo vogliono perseguire. Si vuole incoraggiare certe espressioni felici, limitando la negatività, perché ne va del morale dello Stato e della sua resa. Ecco perché tali algoritmi di facial recognition vengono implementate soprattutto nelle scuole.
Anche se genitori e studenti temono per l’affidabilità di queste tecnologie, in Cina il volere del singolo, quando non si accorda con quello statale, è un disvalore da correggere. Quando l’IA sbaglia a identificare un compagno di classe come disattento, quando in realtà la sensibilità dei coetanei lo identifica come un alunno concentrato, i dubbi si fanno più palesi. Inoltre c’è il terrore che nell’educazione già competitiva della Cina, le misure colte dalla rete neurale che stimano partecipazione e attenzione diventino ulteriori criteri di selezione per l’Università. I ragazzi finirebbero per spendere tutte le risorse attentive per mantenere un’espressione che l’IA possa valutare positivamente, deconcentrandosi sul vero focus: la lezione. Ecco dunque perché sono molti i casi di “falsi attenti”: lo studente concentrato ma con voti bassi.
Il progetto Sharp Eyes cinese e la consuetudine nel Fengqiao esemplificano il contesto mentale in cui queste tecnologie di emotion recognition possono essere sviluppate: la sorveglianza capillare. In un caso è l’intelligenza artificiale che fa il lavoro sporco, nell’altro caso sono gli stessi cittadini che vengono invitati dal governo a denunciare i “non allineati”. Il Fengqiao è un costume nato con il regima di Mao e riadattato al contesto tecnologico e consumistico odierno. I cittadini finiscono per monitorarsi l’uno con l’altro attraverso la mediazione di App. Ogni cittadino è istruito a segnalare comportamenti impropri di vicini, amici, conoscenti, perché il benessere della Cina è sempre al primo posto per ogni abitante della nazione.
Le aziende di ingegneria si sono impegnate per contribuire allo scopo di rendere veloce la logica del delatore e quella del Panopticon. Sharp Eyes include il riconoscimento facciale, mentre i singoli vengono forniti di App con cui accusare velocemente i “devianti” ed esser, poi, addirittura premiati per il servizio reso alla Nazione. Come? Coupon, servizi di aziende tecnologiche e omaggi di prodotti di largo consumo per esempio da Alibaba. Come dicevo: Fengqiao ma nel consumismo e nella digitalizzazione odierni.
Diritti umani e individualismo occidentale
A noi sembra una realtà impossibile che il singolo e le aziende collaborino con lo Stato. Che l’interesse del singolo e dell’azienda vengano declinati per una fantomatica pubblica sicurezza statale. Ciò dipende dal fatto che Oriente e Occidente rispondano a due modalità strutturali diverse: da un lato siamo in presenza di una società individualistica, dall’altro di una gerarchica e collettivista. L’approccio diverso si nota già nell’educazione dei pargoli. In Occidente il caregiver dà il giocattolo in mano al bambino, impegnandosi perché apprenda il nome di tale oggetto; in oriente si consegna il giochino perché il bimbo impari a riconsegnarlo al genitore. Da un lato c’è l’interesse individuale e la proprietà; dall’altro la relazione a cui è subordinato ogni soggetto. Ecco dunque perché l’Oriente può fare in modo che etica personale ed economica possano essere calpestate per la collettività.
L’Occidente è individualistico ed egualitario, ma si tratta di un processo che ha avuto la spinta da Grecia, Cristianesimo e laicizzazione della politica e indipendenza dell’economia.
Nel primo caso, oltre all’isonomia della polis, c’è il fatto che dai sofisti, da Socrate e da Platone, ogni individuo, al di là della sua estrazione, nasce razionale e quindi educabile. Anche lo schiavo può “partorire” il teorema di Pitagora. Ecco perché il metodo scientifico deriva dalla democrazia politica e accademica della Grecia antica: il discepolo era pari al maestro ed entrambi cooperavano alla ricerca della verità.
Il Cristianesimo, poi, introduce fratellanza universale e il fatto che chiunque, con le sue opere, verrà giudicato per quello che ha fatto in vita. L’individualismo, allora, emerge come libero arbitrio e responsabilità di cui rendere conto nell’Aldilà. Ciò non basta: la politica resta subordinata alla moralità religiosa. Quest’ultima giustifica la gerarchia, i privilegi, il potere in terra, come fatti di nascita.
La politica comincia a laicizzarsi con Marsilio da Padova nel 1300. La sovranità è del popolo che sceglie il proprio governo. Nel 1600, poi, diventeranno assurdi tutti i conflitti motivati dalla religione. Cominciano a essere intesi come due sfere separate. Adesso gli individui nell’Occidente diventano uguali in cielo e in terra: ognuno nasce ugualmente dotato di diritti naturali individuali e lo Stato ha il solo compito di proteggere la libertà di ciascuno di perseguire i propri interessi.
L’ultimo passaggio all’individualismo è quello di rendere l’economia una materia indipendente da etica e Stato. Ogni uomo che persegue il suo interesse egoistico, non frenato dai “dover essere” della morale e non indirizzato dalla politica, finisce per realizzare la “miglior situazione possibile per la maggioranza della popolazione”, il massimo beneficio sociale. È così che l’economia classica diventa una disciplina a sé stante e la società civile e lo Stato, hegelianamente parlando, si scindono. Adam Smith teorizza definitivamente il fatto l’economia segua regole autonome, pertanto né lo Stato, né l’etica personale devono applicarle le proprie regole. Ognuna è sfera a sé perché ha un metodo irriducibile a quello dell’altra. Quando si intersecano lo fanno solo nei risultati. Il liberismo prevede, dunque, che non bisogna intervenire né con i valori culturali, né con leggi. Il corso economico deve essere lasciato libero di scegliere in apparenza egoisticamente, perché esiste un meccanismo automatico, la Mano Invisibile, che accorda gli interessi di tutti per il benessere collettivo.
Stato, individuo e aziende seguono adesso il proprio corso, il proprio “dover essere” in modo indipendente: nessuno potrebbe chiedere ai singoli di collaborare con lo Stato andando contro la privacy e la libertà economica. Questo accade solo in Occidente perché l’individuo esiste anche a prescindere dallo Stato.
In Cina, all’opposto, ci troviamo ad avere a che fare con una società collettivistica, in cui chiedere di rispettare i diritti individuali è un non-sense. Questi sono apparsi in un contesto preciso nell’Occidente. La Rivoluzione Francese è la vittoria dello stato liberale, dice Marx, ed è qui che vengono messe per iscritto tali tutele. Che senso hanno la protezione della vita privata, della proprietà, della libertà, dell’espressione, della mente se non c’è margine per l’iniziativa personale? Se chiunque è sostituibile tranne lo Stato? Garantire la libertà di associazione non ha alcun senso se nasciamo già associati: nelle società gerarchiche lo Stato precede cronologicamente e logicamente le parti.
Conclusione
La libertà di espressione che viene invocata oggi non riguarda, allora, solo la possibilità di opporsi senza censure, ma è la libertà di assumere un’espressione facciale senza temere conseguenze. Tuttavia si tratta di un diritto che può essere compreso solo in contesti non collettivistici. Comprendere la mentalità dei popoli diventa ancora più importante oggi in cui l’interconnessione del web e l’emergere della potenza cinese ci mettono a contatto con strumenti tecnologici imbevuti di significati irriducibili ai nostri. Il mais prima di diventare una coltura diffusa in tutto il continente americano ha dovuto aspettare a lungo perché si adattasse ai vari climi e ambienti, data la conformazione verticale dell’America. Da teosinte di pochi centimetri è infine diventato la pannocchia che conosciamo, domesticata secondo le varie esigenze geografiche. Lo stesso discorso si deve applicare alla tecnologia. Ogni strumento per essere adottato deve tener conto del contesto, della mentalità, delle regole preesistenti. Pertanto, anche le spiegazioni e le carte dei diritti devono riferirsi sempre a tali differenze culturali. “L’uomo è misura di tutte le cose, di quelle che sono perché sono e di quelle che non sono perché non sono”, diceva Protagora. Ogni individuo e ogni società hanno i propri criteri con cui percepiscono la realtà e con cui applicano i valori etici e del bello. È importante che ognuno sia misura anche del non-essere. Il singolo decide cosa non esiste e se una IA legge sul volto una micro-espressione che l’individuo stima non esistere, allora deve avere ragione l’individuo: l’emozione non esiste.