di Pablo Servigne, Raphaël Stevens, Gauthier Chapelle – Ed. Treccani

Dennis Meadows, già direttore dell’Institute for Policy and Social Research dell’Università del New Hampshire, ha scritto che, negli ultimi quarant’anni, abbiamo semplicemente continuato a cambiare le ragioni per non cambiare i nostri comportamenti. Lo abbiamo continuato a fare anche dopo il susseguirsi ininterrotto di grida di allarme di scienziati e climatologi sul riscaldamento del pianeta. Basta fare un esempio per tutti: il Rapporto del Tyndall Centre for Climate Change Research della Gran Bretagna, intitolato “La sfida di comunicare messaggi climatici indesiderati”, che termina così: “C’è un futuro terribile e non possiamo escluderlo”. Era il 2015.
Oggi, dopo lo scoppio della pandemia da Covid, che ha senz’altro reso più evidente la probabilità di castastrofi sanitarie intrecciate alle catastrofi climatiche o ecologiche, anche se confusamente, avvertiamo che non possiamo più ignorare o rinviare illusoriamente il problema, che non possiamo più continuare a mettere la “polvere” sotto il tappeto, che non possiamo più confidare nel principio che per tutto c’è “una soluzione tecnica”, ma che, al contrario, la situazione impone un cambiamento di rotta.
Dalla lettura del libro di Pablo Servigne, Raphaël Stevens, Gauthier Chapelle, dal titolo: “Un’altra fine del mondo è possibile – vivere il collasso (e non solo sopravvivere)”, pubblicato in Francia nel 2018 e uscito in Italia nel febbraio 2020, per le edizioni della Treccani, si comprende che a questo cambio di rotta si possono attribuire tre dimensioni o direzioni.
La prima fa parte delle azioni e delle lotte per rallentare o fermare i danni causati alla Terra, agli ecosistemi, alle comunità e alle persone fragili. È l’attivismo, spettacolare o discreto, come lo intendiamo di solito.
La seconda consiste nell’analizzare e comprendere la situazione attuale (collassologia: è il termine coniato dagli autori per indicare il nuovo ambito di ricerca scientifica, multidisciplinare come la climatologia o l’ecologia) e creare alternative concrete (ecovillaggi, città in transizione, economie alternative, agroecologia ecc.).
Infine, la terza dimensione è quella di un profondo cambiamento di coscienza, di un cambiamento interiore (collassosofia).
Una non è più importante dell’altra. Secondo gli autori, ci servono tutte e tre nello stesso momento. E dopo aver dedicato ricerche e testi alle prime due, con questo libro focalizzano la loro attenzione sulla terza.
Infatti, la “collassologia” è appassionante e utile, per comprendere e trarre suggerimenti operativi nell’ottica del superamento dell’attuale modello di sviluppo e, più in generale, della civiltà termoindustriale avviatasi alla fine del XVIII secolo, ormai insostenibili, ma è zoppa e cieca se non è accompagnata da compassione, saggezza, disciplina interiore, resilienza, cioè da “collassosofia”.
“La scienza senza anima non è che la coscienza delle rovine”, aggiungono gli autori, giocando con una famosa espressione di Rabelais.
La crisi impone una trasformazione esterna, ma anche interiore. Vivremo in una civiltà in bilico tra metamorfosi e collasso, rilancio e sopravvivenza. E oscilleremo tra nuove speranze e traumi, resistenza e disperazione.
Scritto poco prima del “collasso” pandemico e, quindi, involontariamente profetico, il libro contiene la proposta di attrezzarsi anche spiritualmente a un periodo d’incertezza e di crolli sistemici non sempre prevedibili, la cui urgenza è difficile da eludere. La necessità di far fronte al disagio collettivo e individuale provocato dal lockdown, interruzione improvvisa di attività e abitudini quotidiane, didattica a distanza e così via, lo ha dimostrato. Quindi, fare attenzione certamente a ciò che accade all’esterno (cambiamenti materiali, economici e politici), ma anche dare importanza al percorso interiore (spirituale), per gestire la crisi in vista di un mondo sostenibile, cioè sviluppato, evoluto, ma più sobrio, solidale, e meno fragile e vulnerabile.
Notizie sugli Autori
Pablo Servigne è uno scrittore e conferenziere francese, esperto in transizione ecologica, collassologia e resilienza collettiva. Raphaël Stevens è un esperto in resilienza dei sistemi socio-ecologici e co-fondatore della società di consulenza Greenloop. Gauthier Chapelle è ingegnere agronomo, dottore in biologia e consulente dell’Institut Royal des Sciences Naturelles de Belgique.